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30.01.2019

La funzione del Responsabile del Servizio di Prevenzione e Protezione (RSPP) - un professionista designato dal datore di lavoro per gestire e coordinare le attività del servizio di prevenzione e protezione dai rischi (SPP) – è particolarmente importante all’interno del sistema di prevenzione dettato dal D.Lgs. 81/2008.

Infatti il servizio di prevenzione e protezione, come richiesto dall’art. 33 del decreto, provvede:

  1. all’individuazione dei fattori di rischio, alla valutazione dei rischi e all’individuazione delle misure per la sicurezza e la salubrità degli ambienti di lavoro, nel rispetto della normativa vigente sulla base della specifica conoscenza dell’organizzazione aziendale;
  2. ad elaborare, per quanto di competenza, le misure preventive e protettive di cui all’art. 28 c.2 e i sistemi di controllo di tali misure;
  3. ad elaborare le procedure di sicurezza per le varie attività aziendali;
  4. a proporre i programmi di informazione e formazione dei lavoratori;
  5. a partecipare alle consultazioni in materia di tutela della salute e sicurezza sul lavoro, nonché alla riunione periodica di cui all’art. 35;
  6. a fornire ai lavoratori le informazioni di cui all’art. 36.

 

A ricordarlo è il documento “La responsabilità penale del responsabile del servizio di prevenzione e protezione”, prodotto dalla Commissione “Qualità e Sicurezza” dell’ Ordine degli Ingegneri della Provincia di Catania, che propone una raccolta di sentenze indicative delle tante responsabilità a cui sono soggetti gli RSPP.


 

La responsabilità penale dell’RSPP

Il documento - a cura di Francesco Di Mauro, Antonio Distefano, Enzo Livio Maci e Michele Scacciante – indica, infatti, che “il ruolo di professionista e l’importanza che la normativa attribuisce al servizio di prevenzione e protezione espongono il RSPP ad una pluralità di responsabilità, sia di natura civile che di natura penale”.

 

Riguardo alla responsabilità penale si ricorda che il D.Lgs. 81/2008 “non prevede specifiche sanzioni penali per il Responsabile del Servizio di Prevenzione e Protezione: non vi è dunque uno specifico sistema di pene (per delitti: reclusione/multa; per contravvenzioni: arresto/ammenda) che vada a sanzionare il comportamento di un RSPP che non svolge adeguatamente il suo compito”.

 

Ma questo, continua il documento, non significa che il Responsabile del Servizio di Prevenzione e Protezione“non possa incorrere in una responsabilità penale, anche per reati gravi. Il RSPP infatti risponde, insieme al datore di lavoro, per il verificarsi di un infortunio ogni qual volta questo sia oggettivamente riconducibile ad una situazione pericolosa che egli avrebbe avuto l’obbligo di conoscere e segnalare (Cass. Pen. Sez. IV 27.01.2011 n. 2814)”. E il quadro normativo attuale “prevede che il datore di lavoro sia e rimanga titolare della posizione di garanzia e, di conseguenza, il responsabile in caso di infortunio sul lavoro”.

 

Dunque il fatto che la normativa di settore escluda la sanzionabilità penale o amministrativa di eventuali comportamenti inosservanti dei componenti del servizio di prevenzione e protezione e quindi dello stesso RSPP, non significa che questi componenti o l’RSPP debbano ritenersi in ogni caso totalmente esonerati da qualsiasi responsabilità penale e civile derivante da attività svolte nell’ambito dell’incarico ricevuto. Infatti, occorre distinguere nettamente il piano delle responsabilità prevenzionali (di cui, in genere, non risponde penalmente il RSPP), derivanti dalla violazione di norme di puro pericolo, da quello di responsabilità per reati colposi di evento, quando cioè si siano verificati infortuni sul lavoro o tecnopatie. ( Cass. Pen. Sez. IV n. 2814 del 27 gennaio 2011)”.

 

A questo proposito si indica che la giurisprudenza oggi “si è attestata nel riconoscere che il RSPP non può non dirsi esonerato da un’eventuale responsabilità per colpa professionale: anzi, qualora l’errore non fosse rilevabile dal datore di lavoro, quest’ultimo, in assenza di profili di colpa, potrebbe andare persino esente da ogni responsabilità. In definitiva vi è corresponsabilità del Responsabile con il datore di lavoro per il verificarsi di un evento lesivo tutte le volte che l’inosservanza dei compiti di prevenzione attribuiti al RSPP dalla legge si configura come una delle concause dell’evento lesivo”.

 

E dunque, laddove il datore di lavoro non adotti una “doverosa misura di prevenzione a causa di un errato suggerimento o di una mancata segnalazione circa una situazione di rischio da parte del RSPP, che abbia agito con imperizia, imprudenza o inosservanza di leggi e discipline, quest’ultimo sarà chiamato a rispondere dell’evento dannoso derivatone, essendo l’infortunio a lui ascrivibile a titolo di colpa professionale”.

 

La responsabilità civile dell’RSPP

Il documento dell’ordine si sofferma poi sulle responsabilità civili. Infatti la responsabilità penale non esaurisce l’ambito delle responsabilità del RSPP “il quale, con l’assunzione dell’incarico, assume anche degli obblighi nei confronti del datore di lavoro, specie se si tratta di RSPP esterno all’azienda o comunque di RSPP interno che, per tale ruolo, riceve una specifica retribuzione”. Se dalla sua consulenza derivano danni a qualcuno, “il RSPP li deve risarcire”.

 

In particolare la responsabilità civile del RSPP si può classificare in due grandi famiglie:

  • la responsabilità extracontrattuale (o “da fatto illecito” o “aquiliana”): “trova fondamento in una delle norme più importanti dell’intero ordinamento giuridico che è contenuta nell’art. 2043 del Codice Civile” (qualunque fatto, doloso o colposo che cagiona ad altri un danno ingiusto, obbliga colui che ha commesso il fatto a risarcire il danno). Questa disposizione è il “cardine su cui si fonda la parte preponderante della responsabilità civile del RSPP”: qualsiasi azione, “sia essa cosciente e volontaria, o semplicemente non voluta ma posta in essere per negligenza, imprudenza o imperizia, se cagiona un danno a qualcuno, obbliga al risarcimento. Una consulenza errata, superficiale, negligente; il mancato rispetto quindi di uno dei compiti di cui all’art. 33 del D.Lgs. 81/08 sono tutte omissioni che, laddove diventino causa o concausa di un danno, obbligano il RSPP a risarcire di tasca propria i soggetti lesi. Si tratta insomma di una responsabilità che si rivolge a tutti i soggetti che, a causa della negligenza del RSPP possano lamentare dei danni, sia di natura patrimoniale (perdite nel patrimonio, mancato guadagno ecc.) sia di natura non patrimoniale (danni qualificati come morali, alla salute, biologici, esistenziali, alla vita di relazione, ecc.)”;
  • la responsabilità contrattuale: “l’affidamento da parte del datore di lavoro e l’accettazione da parte di un soggetto, dell’incarico di RSPP, si configura in genere come un contratto a prestazioni corrispettive in cui il nominato RSPP assume l’obbligo di svolgere i compiti propri a tale figura, a fronte di un compenso da parte del datore di lavoro”. E il RSPP, “in quanto soggetto qualificato ed adeguamento formato ed aggiornato è tenuto pertanto ad assolvere alle obbligazioni contrattuali legate al suo ruolo con la diligenza del buon professionista. Ne consegue che, laddove il RSPP non svolga con la dovuta diligenza l’incarico che gli viene affidato, il datore di lavoro che subisca un danno può contestare l’inadempimento contrattuale e, eventualmente, protestare i danni che abbia subito”.

 

Le conclusioni degli autori

Si segnala che la giurisprudenza più recente “ha affermato la responsabilità del RSPP per omicidio o per lesioni colpose seguendo il seguente ragionamento:

  1. L’RSPP ha il compito di individuare in azienda i potenziali pericoli per la salute e per l’incolumità dei lavoratori, di suggerire azioni volte all’eliminazione dei medesimi e di formare ed informare i lavoratori alla prevenzione;
  2. è un ‘professionista’, ha svolto corsi di formazione e di aggiornamento continuo per cui è tenuto a ‘sapere’ individuare i rischi, valutarli e prevenirli;
  3. laddove il RSPP non svolga adeguatamente il proprio ruolo di consulente ed ometta di prendere in considerazione taluni rischi, di eliminarli o di informare i lavoratori sulle modalità di prevenire incidenti e si verifichi un infortunio che può essere considerato ‘tipico’ in relazione al rischio che si è omesso di considerare, lo stesso risponde penalmente, in concorso con il datore di lavoro o autonomamente, dell’evento occorso (lesione, morte, pericolo per la pubblica incolumità, ecc.)”.

 

Tuttavia, in definitiva, l’RSPP andrà “esente da responsabilità qualora riesca a dimostrare:

  1. che ha diligentemente svolto i compiti a cui è chiamato, mettendo in concreto il datore di lavoro in condizione di individuare i rischi e adottare idonee misure correttive per eliminarli (in tal caso, se il datore di lavoro non segue le direttive del RSPP risponderà lui solo della mancata attuazione delle misure indicate);
  2. che l’evento si è verificato, nonostante il corretto assolvimento dei suoi obblighi, ovvero per ragioni estranee ed indipendenti dalla valutazione dei rischi da lui condotta o dalle misure da lui adottate (mancata esecuzione delle misure suggerite da parte del datore di lavoro, fatto abnorme del lavoratore, caso fortuito ecc.)”.

 

Rimandiamo, in conclusione, alla lettura integrale del documento dell’Ordine degli Ingegneri della Provincia di Catania che riporta ulteriori dettagli sulle responsabilità degli RSPP e una vasta raccolta di sentenze della Corte di Cassazione sul tema.

 

 

RTM

 

 

Scarica il documento da cui è tratto l'articolo:

“ La responsabilità penale del Responsabile del servizio di prevenzione e protezione”, documento prodotto dalla Commissione “Qualità e Sicurezza” dell’Ordine degli Ingegneri della Provincia di Catania, a cura Francesco Di Mauro, Antonio Distefano, Enzo Livio Maci e Michele Scacciante, versione 2017 (formato PDF, 1,54 MB).

 

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Articolo tratto da puntosicuro.it