18.03.2025
Secondo il consolidato orientamento della Corte di Cassazione, il dovere di sicurezza, con riguardo ai lavori svolti in esecuzione di un contratto di appalto o di prestazione d'opera, è riferibile, oltre che all’appaltatore, anche al committente.
Secondo il consolidato orientamento della Corte di Cassazione, il dovere di sicurezza, con riguardo ai lavori svolti in esecuzione di un contratto di appalto o di prestazione d'opera, è riferibile, oltre che al datore di lavoro dell’impresa appaltatrice o al lavoratore autonomo, anche al committente. E’ un indirizzo questo che la Corte di Cassazione continua a ribadire ogni qualvolta a ricorrere ad essa è un committente ex art. 89 comma 1 lettera b) del D. Lgs. n. 81/2008 condannato per l’infortunio di un lavoratore accaduto durante i lavori di costruzione o di manutenzione di un’opera edile svolti per suo conto.
L'affermazione della responsabilità del committente comunque presuppone la verifica, in concreto, dell'incidenza della sua condotta nell'eziologia dell'evento, a fronte delle capacità organizzative della ditta scelta per l'esecuzione dei lavori, avuto riguardo alla specificità dei lavori da eseguire, ai criteri seguiti dallo stesso committente per la scelta dell'appaltatore o del prestatore d'opera, alla sua ingerenza nell'esecuzione dei lavori oggetto di appalto o del contratto di prestazione d'opera, nonché alla agevole ed immediata percepibilità da parte dello stesso committente di situazioni di pericolo, né può ritenersi che la verifica della idoneità tecnico professionale delle imprese o dei lavoratori autonomi di cui all'art. 90 comma 9 lett. a) del D. Lgs. 9 aprile 2008, n. 81, possa risolversi nel solo controllo della loro iscrizione presso la Camera di commercio industria e artigianato che integra un adempimento di carattere amministrativo.
La Corte di Cassazione, come è nel suo stile che abbiamo imparato a conoscere, ha richiamate in merito diverse sentenze che in casi analoghi si sono espresse in tal senso non trascurando comunque di segnalare anche delle sentenze con le quali sono stati accolti i ricorsi e annullate le condanne nei casi in cui è stato accertato che l’imputato abbia adempiuto correttamente agli obblighi sopra citati di verifica preventiva e documentale sopracitata e di verifica altresì, in corso dei lavori, di una organizzazione dotata di personale e attrezzature di lavoro per realizzare l’opera a loro affidata.
L’infortunio nel caso in esame si era verificato per la caduta di un lavoratore da una impalcatura risultata essere non rispondente ai requisiti di sicurezza nel mentre erano in corso dei lavori di intonacatura di un prefabbricato che si trovava nel giardino dell’abitazione del committente. Il committente era stato assolto dal Tribunale, secondo il quale l’infortunio era accaduto per l’utilizzo di una impalcatura sprovvista dei requisiti di sicurezza e secondo il quale l’incidente sarebbe comunque successo anche se l’impresa avesse esibito la certificazione richiesta.
Il ricorso per cassazione è stato presentato in questa circostanza dal Pubblico Ministero presso il Tribunale che ha evidenziato l’inadempimento da parte del committente degli obblighi previsti dall’art. 90 del D. Lgs n. 81/2008 e la suprema Corte, valutate le motivazioni del ricorso, lo ha ritenuto fondato e ha pertanto annullata la sentenza di condanna con rinvio, per nuovo giudizio, alla Corte d'Appello competente.
Il Tribunale ha assolto il committente di un’opera edile dal reato di cui all'art. 589, comma 2, cod. pen., contestatogli per aver colposamente causato la morte di un lavoratore dipendente dell’impresa appaltatrice. Secondo la ricostruzione dei giudici di merito, l’imputato aveva commissionato a una impresa l'esecuzione di lavori di rasatura e intonacatura di un prefabbricato che si trovava nel giardino di pertinenza della sua abitazione. Il giorno dell’infortunio il lavoratore, pur non formalmente assunto dalla predetta impresa, si trovava sulla impalcatura usata per i lavori commissionati, una impalcatura i cui ganci di blocco erano malfunzionanti, per cui le ruote restavano mobili anche durante l'utilizzo da parte del lavoratore.
Pertanto, proprio mentre svolgeva quella attività, il lavoratore era caduto dall'impalcatura, da una altezza di circa un metro e mezzo, riportando lesioni personali gravissime a seguito delle quali era deceduto dopo plurimi interventi chirurgici. Il Tribunale ha ritenuto che anche se l'imputato avesse chiesto all'impresa da cui dipendeva il lavoratore infortunato di esibire le certificazioni richieste, questi avrebbe potuto sostituirle con un'autocertificazione, e che ciò non avrebbe, soprattutto, impedito l'utilizzo di una impalcatura sprovvista dei requisiti di sicurezza.
Avverso la sentenza ha proposto ricorso per cassazione il Pubblico Ministero presso il Tribunale con un unico motivo con il quale ha lamentato una inosservanza della legge penale sostanziale, con riguardo agli artt. 40, 43 e 589 cod. pen.. Secondo lo stesso erroneamente il Tribunale ha assolto l’imputato sostenendo l'irrilevanza, sul piano causale, della mancata richiesta all'impresa della documentazione di cui all'art. 90 del D. Lgs. 9 aprile 2008, n. 81. Ha osservato inoltre a riguardo che è obbligo del committente di verificare l'idoneità tecnico professionale dell'impresa e dei lavoratori prescelti, senza limitarsi al controllo dell'iscrizione nel registro dell'imprese, ma verificando la struttura organizzativa dell'impresa e l'adeguatezza rispetto alla pericolosità dell'opera commissionata.
Il ricorso è stato ritenuto fondato dalla Corte di Cassazione. Non è in discussione, ha osservato la stessa, il fatto che l'infortunio mortale era stato causato non da un fattore di rischio proprio del cantiere, ma introdotto dalla ditta esecutrice. Secondo il consolidato orientamento della Corte di Cassazione comunque, il dovere di sicurezza, con riguardo ai lavori svolti in esecuzione di un contratto di appalto o di prestazione d'opera, è riferibile, oltre che al datore di lavoro (di regola l'appaltatore), anche al committente. Conseguentemente, la responsabilità dell'appaltatore non esclude quella del committente, che è corresponsabile qualora l'evento si ricolleghi causalmente ad una sua omissione colposa.
L'affermazione della responsabilità del committente, ha aggiunto più in particolare la suprema Corte, presuppone la verifica, in concreto, dell'incidenza della sua condotta nell'eziologia dell'evento, a fronte delle capacità organizzative della ditta scelta per l'esecuzione dei lavori, avuto riguardo alla specificità dei lavori da eseguire, ai criteri seguiti dallo stesso committente per la scelta dell'appaltatore o del prestatore d'opera, alla sua ingerenza nell'esecuzione dei lavori oggetto di appalto o del contratto di prestazione d'opera, nonché alla agevole ed immediata percepibilità da parte del committente di situazioni di pericolo, citando come precedenti espressioni in tal senso diverse sentenze fra cui la sentenza della IV Sezione penale n. 3563 del 30/1/2012, pubblicata e commentata dallo scrivente nell’articolo “ Sulla responsabilità per l’infortunio di un prestatore d’opera”. Né può ritenersi, contrariamente a quanto sostenuto dal Tribunale che l'obbligo di verifica di cui all'art. 90, comma 9 lett. a) del D. Lgs. 9 aprile 2008, n. 81, possa risolversi nel solo controllo dell'iscrizione dell'appaltatore nel registro delle imprese, che integra un adempimento di carattere amministrativo. Nel caso in esame il ricorrente, per sua stessa ammissione, non ha operato alcuna verifica, nemmeno documentale, affidandosi a semplici rassicurazioni verbali e quindi, in tal modo, non ha operato alcun controllo, nemmeno meramente formale, scegliendo una impresa che, fino a poco tempo prima dell'infortunio, non aveva alcun lavoratore dipendente.
Il Tribunale, quindi, per non incorrere nella violazione di legge denunciata, avrebbe dovuto stabilire, secondo la Sezione IV, se il committente, pur non ingerendosi nella esecuzione dei lavori (circostanza non emersa), abbia omesso di verificare l'idoneità tecnico-professionale dell'impresa prescelta, la sua capacità organizzativa, in relazione anche alla pericolosità dei lavori affidati (dovendosi raggiungere l'altezza di 3 metri circa), assicurandosi dell'effettiva disponibilità, da parte dell'appaltatore, dei necessari dispositivi di-sicurezza.
Il proprietario committente, presente in cantiere anche nel momento dell’accaduto, avrebbe dovuto, inoltre, verificare la presenza o meno di situazioni di manifesto pericolo dallo stesso direttamente percepibili e quindi tali da non poter essere ignorate e ciò in ragione delle circostanze di fatto emerse nel corso del processo, posto che le ruote dell'impalcatura rimanevano mobili durante l'utilizzo.
Le modalità semplificate di cui al predetto comma 9, lett. a), inoltre, riguardano i lavori che non comportano i rischi particolari di cui all'allegato XI), tra cui quelli che espongono i lavoratori a rischi di caduta dall'alto da altezza superiore a 2 metri, nel concorso delle ulteriori circostanze ivi indicate (il lavoro affidato, come visto, prevedeva la necessità quantomeno di raggiungere la quota di 3 metri) e quindi la contraria affermazione del Tribunale, così come formulata, ha mostrato un ulteriore profilo di violazione di legge. In conclusione, la Corte di Cassazione ha annullata la sentenza con rinvio, per nuovo giudizio, alla Corte d'Appello competente.
Gerardo Porreca
I contenuti presenti sul sito PuntoSicuro non possono essere utilizzati al fine di addestrare sistemi di intelligenza artificiale.