26.07.2021
I documenti contenenti il giudizio di idoneità alla mansione ex art. 41 del d. Lgs. N. 81/2008 vanno considerati di natura pubblica per cui la loro falsificazione mediante fotocopia integra il delitto di falsità materiale in atti pubblici.
La disposizione di cui all’art. 41 comma 6-bis del D. Lgs. n. 81/2008, contenente il Testo Unico in materia di salute e sicurezza sul lavoro, secondo cui il medico competente, dopo avere sottoposto a visita medica periodica un lavoratore, esprime il proprio giudizio per iscritto rilasciando copia ai lavoratori stessi e al datore di lavoro, è l’oggetto di questa recentissima sentenza della Sezione V penale della Corte di Cassazione che si è occupata di un caso di falsificazione dei documenti con i quali veniva attestata dal medico competente la loro idoneità alla mansione. Il datore di lavoro, dopo essere stato condannato nei due primi gradi di giudizio per il reato di cui agli artt. 476 e 482, c.p., per avere esibito ai tecnici della A.S.L. intervenuti a seguito di un infortunio mortale di un lavoratore la fotocopia di sei certificati di "giudizio di idoneità alla mansione" relativi alle visite mediche periodiche annuali di altrettanti lavoratori dipendenti dell’azienda, certificati in realtà inesistenti in originale, ha fatto ricorso alla Cassazione chiedendo l’annullamento della stessa.
La suprema Corte nel rigettare il ricorso presentato dal datore di lavoro basato sulla sua convinzione che tali certificati non avessero rilevanza pubblicai, ha invece precisato che i documenti contenenti il giudizio di idoneità alla mansione ex art. 41 del D. Lgs. n. 81/2008 vanno considerati di natura pubblica per cui la loro falsificazione mediante fotocopia integra il delitto di falsità materiale in atti pubblici contestato al ricorrente.
Fatto/Diritto
La Corte di Appello ha riformata parzialmente in senso favorevole al reo, limitatamente alla dosimetria della pena, la sentenza con cui il Tribunale aveva condannato il datore di lavoro di una azienda alla pena ritenuta di giustizia, in relazione al reato ex artt. 81, cpv., 476, 482, c.p., ascrittogli.
L’imputato ha proposto tempestivo ricorso per cassazione avverso la sentenza della Corte territoriale, della quale ha chiesto l'annullamento, lamentando una violazione di legge e un vizio di motivazione sulla configurabilità del reato e un vizio di motivazione con riferimento alla mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche.
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile, essendo sorretto da motivi manifestamente infondati e reiterativi di lamentele già disattese puntualmente dalla Corte territoriale, con la cui motivazione il ricorrente, in realtà, non si era confrontato.
Alla luce della ricostruzione dei fatti, non contestati dall’imputato, si era proceduto nei suoi confronti per il reato di cui agli artt. 476 e 482, c.p., avente ad oggetto sei fotocopie riproducenti altrettanti certificati di "giudizio di idoneità alla mansione", a firma del medico del lavoro, relativi alle visite mediche periodiche annuali di altrettanti lavoratori dipendenti della società di cui l'imputato era il legale responsabile, certificati in realtà inesistenti in originale, posto che, come affermato dallo stesso medico, la data in essi riportata era successiva al momento in cui era cessato il suo rapporto professionale con la suddetta società.
L’imputato, su richiesta di un tecnico della A.S.L, che si era portato per un controllo presso un cantiere della società a seguito di un incidente sul lavoro con esito mortale di un lavoratore, non aveva esibito i certificati originali attestanti l’idoneità alla mansione dei suoi lavoratori in quanto erano inesistenti ma solo delle fotocopie poi risultate falsificate. La tesi difensiva condotta dal ricorrente era stata basata sul valore da attribuire a tali certificati. Ad avviso dello stesso, infatti, si trattava di semplici fotocopie di atti esibite ed usate come tali dall'imputato, con condotta penalmente non rilevante.
I rilievi difensivi del ricorrente, così impostata la questione di diritto, sono apparsi manifestamente infondati dalla Corte di Cassazione. Quel che rileva nel delitto di falso, ha infatti precisato la suprema Corte, è la natura pubblica dell'atto artificiosamente creato, in rapporto alla funzione che esso è chiamato ad assolvere. Non vi sono comunque dubbi, ha sostenuto la Sezione V, sulla natura di atti pubblici dei giudizi di idoneità alle mansioni rinvenuti in forma di semplici fotocopie dal tecnico del servizio di prevenzione della A.S.L., recatosi nel cantiere.
L'art. 41 comma 2 del D. Lgs. n. 81 e s.m.i., in tema di sorveglianza sanitaria, ha ricordato la suprema Corte, prevede infatti l'effettuazione di una serie di visite mediche finalizzate ad accertare l'idoneità dei lavoratori allo svolgimento della mansione specifica cui sono destinati. Sempre la medesima norma, inoltre, statuisce espressamente che "Il medico competente, sulla base delle risultanze delle visite mediche di cui al comma 2, esprime uno dei seguenti giudizi relativi alla mansione specifica: a) idoneità; b) idoneità parziale, temporanea o permanente, con prescrizioni o limitazioni; c) inidoneità temporanea; d) inidoneità permanente”. Nei casi di cui alle lettere a), b), c) e d) del comma 6 inoltre il medico competente esprime il proprio giudizio per iscritto dando copia del giudizio medesimo al lavoratore e al datore di lavoro (art. 41 comma 6 bis).
Non vi è dubbio, ha quindi aggiunto la Sezione V, che, potendo i documenti contenenti il giudizio di idoneità alla mansione entrare a pieno titolo all'interno di un procedimento amministrativo definito dallo stesso D. Lgs. n. 81/2008, quale il ricorso avverso il giudizio di idoneità di cui all'art. 41 comma 9 del medesimo testo unico, essi vanno considerati sin dalla loro formazione come documenti di fede pubblica. Tale procedimento amministrativo si concretizza nel ricorso, da parte del lavoratore o del datore di lavoro, all’organo di vigilanza del Servizio Sanitario Nazionale per ottenere la rivalutazione del giudizio di idoneità. L'organo di vigilanza, infatti, è l'autorità responsabile del procedimento e dell'emissione del relativo provvedimento di conferma, modifica o revoca.
Secondo l'orientamento dominante nella giurisprudenza di legittimità, ha aggiunto la suprema Corte, rientrano nella nozione di atto pubblico rilevante ai fini dell'integrazione dei reati in materia di falsità in atti, anche gli atti cosiddetti interni, ovvero quelli destinati ad inserirsi nel procedimento amministrativo, offrendo un contributo di conoscenza o di valutazione, nonché quelli che si collocano nel contesto di una complessa sequela procedimentale - conforme o meno allo schema tipico - ponendosi come necessario presupposto di momenti procedurali successivi. Pertanto, ha così concluso la Corte di Cassazione, la falsa formazione mediante fotocopie degli atti di cui al procedimento in esame, integra il delitto di falsità materiale in atti pubblici contestato al ricorrente, posto che gli atti esibiti da quest'ultimo al tecnico della A.S.L. avevano l'apparenza dell'originale di un atto pubblico, in realtà inesistente, indipendentemente da quale fosse la finalità concreta perseguita dall'imputato nel mostrarli al pubblico ufficiale.
Alla dichiarazione di inammissibilità è seguita la condanna del ricorrente, ai sensi dell'art. 616, c.p.p., al pagamento delle spese del procedimento e della somma di euro 3000,00 a favore della cassa delle ammende.
Gerardo Porreca