10.09.2018
Il legislatore con il D. Lgs. 9/4/2008 n. 81 ha fissate le condizioni in presenza delle quali è obbligatoria la nomina da parte del committente o del responsabile dei lavori di un coordinatore per la sicurezza in fase di progettazione al quale affidare la pianificazione della sicurezza nei cantieri temporanei o mobili e di un coordinatore per l’esecuzione dei lavori con l’obbligo di verificare che tale pianificazione venga effettivamente messa in atto.
La lettura di questa sentenza della Corte di Cassazione pone in evidenza l’opportunità che nei cantieri edili venga comunque nominato in ogni caso un coordinatore per la sicurezza perché lo stesso rappresenta una figura che, al di là di quelle deputate a gestire la sicurezza sul lavoro nei cantieri edili quali il datore di lavoro, il dirigente e i preposto e in affiancamento alle stesse, provveda alla individuazione e alla gestione dei rischi, specie nel caso che nei cantieri medesimi si trovi ad operare una pluralità di imprese, e l’opportunità che si provveda sempre alla elaborazione sia di un piano di sicurezza e di coordinamento che dei piani operativi di sicurezza da parte delle imprese esecutrici.
Nella sentenza in commento, infatti, la mancanza di un coordinatore per la sicurezza e di una pianificazione della sicurezza sul lavoro da parte del committente e dei POS delle singole imprese operanti in cantiere ha portato i giudici, per un infortunio accaduto a un lavoratore dipendente di un’impresa subappaltatrice ad addebitare la responsabilità a tutte le imprese operanti nello stesso indistintamente, anche se l’infortunio medesimo è risultato in effetti legato ad un rischio specifico di una delle imprese, e ha portato i giudici stessi quindi a condannare, oltre che il committente dell’opera, tutti i datori di lavoro delle imprese stesse.
La Corte di Appello ha parzialmente riformata la pronuncia di condanna emessa dal Tribunale nei confronti del committente di alcuni lavori di recupero di n. 27 unità abitative, degli amministratori delle ditte appaltatrici e subappaltatrici del coordinatore per la sicurezza in fase di progettazione e di esecuzione e del datore di lavoro di un’impresa fornitrice di calcestruzzo in relazione al reato previsto dagli artt.40, primo e secondo comma, 113 e 589, commi primo e secondo, cod. pen..
Agli imputati era stato addebitato, sia in concorso di condotte colpose indipendenti che con cooperazione colposa, di aver cagionato la morte di un lavoratore dipendente della ditta subappaltatrice il cui corpo era stato attraversato da una corrente elettrica di 5 Ampere, mentre era intento ad operare un getto di calcestruzzo reggendo in mano il tratto terminale del braccio di un'autopompa, a causa del contatto del braccio metallico dell'autopompa stessa o della creazione di un arco elettrico con la linea elettrica a 20 kv passante sopra il cantiere. Il lavoratore infortunato era rimasto folgorato in particolare mentre era intento alla posa in opera del calcestruzzo nelle casseformi di contenimento di una parete di un fabbricato destinato a garage orientando con le mani il tubo flessibile del braccio di un'autopompa e nel compiere questa attività, era rimasto folgorato, decedendo all'istante, in quanto il manovratore del braccio snodabile dell'autopompa aveva posizionato la relativa parte metallica ad una distanza di molto inferiore ai cinque metri dalla linea elettrica prescritti dall'art. 11 del D.P.R. 7 gennaio 1956, n.164, cosicché per la vicinanza, se non per il contatto, si era formato un arco elettrico.
Secondo quanto accertato dal Tribunale, la conformazione dei luoghi in cui si stavano eseguendo i lavori non avrebbe consentito di posizionare gli stabilizzatori dell'autopompa in modo diverso, per cui l'unico rimedio per impedire qualunque rischio per i lavoratori sarebbe stato quello di concordare con l'E.N.E.L. la sospensione dell'erogazione dell'energia elettrica, in quel tratto della linea aerea che attraversava il cantiere, per il tempo necessario ad eseguire il getto del calcestruzzo. Nel corso del dibattimento, era stato svelato dall'amministratore della ditta appaltatrice che il Piano di Sicurezza e di Coordinamento ( PSC) non era stato redatto nella data risultante dal frontespizio ma solo venti giorni dopo l'infortunio. Il Tribunale aveva quindi ritenuto che, in ogni caso il committente e il coordinatore fossero venuti meno agli obblighi previsti dal D. Lgs. 14/8/1996 n. 494 in quanto, anche nel caso in cui il PSC fosse stato redatto tempestivamente, alla data dell'infortunio erano stati già eseguiti numerosi getti di calcestruzzo senza che fosse stato verificato il rispetto delle procedure prescritte dal predetto piano di sicurezza.
La Corte di Appello ha dunque ritenuto accertato che i lavori nel cantiere si fossero svolti in assenza di un Piano di Sicurezza e Coordinamento e ha quindi confermato il giudizio di responsabilità poste a carico degli imputati. Tutti gli imputati hanno fatto ricorso alla Corte di Cassazione adducendo ognuno delle proprie motivazioni e chiedendo l’annullamento della sentenza della Corte territoriale.
La Corte di Cassazione ha annullata la sentenza impugnata limitatamente al trattamento sanzionatorio nei confronti del fornitore del calcestruzzo rigettando nel resto il suo ricorso e il ricorso degli altri imputati condannando i medesimi al pagamento delle spese processuali nonché in solido alla rifusione delle spese sostenute dalla parte civile che ha liquidate in complessivi euro 2.500,00 oltre accessori come per legge.
La suprema Corte nel rigettare i ricorsi ha trovato l’occasione di formulare, per ognuna delle figure obbligate a garantire la sicurezza sul lavoro nel cantiere in esame, delle considerazioni finalizzate ad individuare delle responsabilità, ognuno per la propria competenza, per l’evento infortunistico avvenuto nel cantiere medesimo.
Con riferimento in particolare alla posizione di garanzia del committente e al ricorso presentato dal coordinatore per la sicurezza che nello stesso aveva sostenuto di avere redatto un Piano di sicurezza e di coordinamento puntuale e esaustivo nel quale era previsto l’obbligo di una specifica comunicazione a lui dell’operazione che era in corso al momento dell’accaduto e che aveva precisato altresì che l’infortunio si era verificato in un periodo di sospensione dell’attività di cantiere, la suprema Corte ha ricordato che la nomina di un coordinatore della sicurezza in fase di progettazione e di esecuzione e la conseguente doverosa redazione di un piano di sicurezza e coordinamento sono indici sintomatici della necessità di attribuire ad un professionista diverso dai datori di lavoro, dirigenti e preposti il compito di realizzare un piano prevenzionistico tendente a regolare il rischio interferenziale, anche in relazione al susseguirsi di pluralità di lavorazioni affidate ad imprese che non operino contemporaneamente nel cantiere. La Corte suprema ha ricordato, altresì, che i compiti e la funzione normativamente attribuiti alla figura del coordinatore per la sicurezza risalgono all'entrata in vigore del D. Lgs. 14 agosto 1996, n. 494, di attuazione della Direttiva 92/57/CEE, nell'ambito di una generale e più articolata ridefinizione delle posizioni di garanzia e delle connesse sfere di responsabilità correlate alle prescrizioni minime di sicurezza e di salute da attuare nei cantieri temporanei o mobili, a fianco di quella del committente, allo scopo di consentire a quest'ultimo di delegare, a soggetti qualificati, funzioni e responsabilità di progettazione e coordinamento, altrimenti su di lui ricadenti, implicanti particolari competenze tecniche. La definizione dei relativi compiti e della connessa sfera di responsabilità discende, pertanto, ha ricordato la Sez. IV, da un lato dalla funzione di generale e alta vigilanza che la legge demanda allo stesso committente, dall'altro dallo specifico elenco, originariamente contenuto nell'art.5 del D. Lgs. n.494/1996 (attualmente trasfuso nell'art.92 del D. Lgs. n. 81 del 2008), a mente del quale il coordinatore per l'esecuzione è tenuto a verificare, con opportune azioni di coordinamento e controllo, l'applicazione, da parte delle imprese esecutrici e dei lavoratori autonomi, delle disposizioni loro pertinenti contenute nel Piano di Sicurezza e di Coordinamento (PSC) e la corretta applicazione delle relative procedure di lavoro, a verificare l'idoneità del Piano Operativo di Sicurezza ( POS), assicurandone la coerenza con il PSC, che deve provvedere ad adeguare in relazione all'evoluzione dei lavori ed alle eventuali modifiche intervenute, valutando le proposte delle imprese esecutrici dirette a migliorare la sicurezza in cantiere, a verificare che le imprese esecutrici adeguino, se necessario, i rispettivi POS, ad organizzare tra i datori di lavoro, ivi compresi i lavoratori autonomi, la cooperazione ed il coordinamento delle attività nonché la loro reciproca informazione; a verificare l'attuazione di quanto previsto negli accordi tra le parti sociali al fine di realizzare il coordinamento tra i rappresentanti della sicurezza finalizzato al miglioramento della sicurezza in cantiere, a segnalare al committente o al responsabile dei lavori, previa contestazione scritta alle imprese e ai lavoratori autonomi interessati, le inosservanze alle disposizioni degli articoli 7, 8 e 9, e alle prescrizioni del piano di cui all'articolo 12 e proporre la sospensione dei lavori, l'allontanamento delle imprese o dei lavoratori autonomi dal cantiere, o la risoluzione del contratto, a dare comunicazione alla ASL e alla Direzione Provinciale del Lavoro dell'omessa ed immotivata adozione, da parte del committente o del responsabile dei lavori, di provvedimenti in merito alla segnalazione, a sospendere, in caso di pericolo grave e imminente, direttamente riscontrato, le singole lavorazioni fino alla verifica degli avvenuti adeguamenti effettuati dalle imprese interessate. Appare, dunque, chiaro, ha sottolineato la Sez. IV, che il coordinatore per l'esecuzione riveste un ruolo di vigilanza che riguarda la generale configurazione delle lavorazioni e non la puntuale e stringente vigilanza, momento per momento, demandata alle figure operative, ossia al datore di lavoro, al dirigente, al preposto.
La Corte di Cassazione ha ritenuto altresì opportuno ricordare che la prevenzione deve basarsi sulla programmazione del sistema di sicurezza aziendale nonché su un modello «collaborativo» di gestione del rischio da attività lavorativa per cui sono stati delineati dal legislatore i compiti di una serie di soggetti, anche dotati di specifiche professionalità, nonché degli stessi lavoratori, funzionali ad individuare ed attuare le misure più adeguate a prevenire i rischi connessi all'esercizio dell'attività d'impresa. Ne discende così una diversa prospettiva dalla quale il giudice del merito è tenuto ad accertare la sussistenza delle posizioni di garanzia e le conseguenti responsabilità penali per omissione di dovute cautele, “Se il nuovo sistema di sicurezza aziendale”, ha così aggiunto la suprema Corte, “si configura come procedimento di programmazione della prevenzione globale dei rischi, si tratta, in sostanza, di ampliare il campo di osservazione dell'evento infortunistico, ricomprendendo nell'ambito delle omissioni penalmente rilevanti tutti quei comportamenti dai quali sia derivata una carente programmazione dei rischi”. In coerenza con tale diversa prospettiva, si rinviene nella giurisprudenza di legittimità il principio interpretativo secondo il quale la posizione di garanzia attribuita dalla legge al committente ed al responsabile dei lavori comprende l’esecuzione di controlli non formali ma sostanziali ed incisivi in materia di prevenzione, di sicurezza del luogo di lavoro e di tutela della salute del lavoratore, sicché ai medesimi spetta accertare che i coordinatori per la progettazione e per l'esecuzione dell'opera adempiano agli obblighi sugli stessi incombenti in detta materia.
Con riferimento alla posizione del datore di lavoro dell’impresa fornitrice del calcestruzzo la Corte di Cassazione ha evidenziato che nelle ipotesi di contratto di fornitura di prestazioni di lavoro temporaneo (espressamente disciplinato, quanto agli obblighi prevenzionistici, dall'art. 3, comma 5, del D. Lgs. n. 81/2008, la ripartizione degli obblighi prevenzionistici gravanti sul somministratore e sull'utilizzatore è disciplinata dall'art. 23, comma 5, del D. Lgs. n. 276/2003, a mente del quale «Il somministratore informa i lavoratori sui rischi per la sicurezza e la salute connessi alle attività produttive in generale e li forma e addestra all'uso delle attrezzature di lavoro necessarie allo svolgimento dell’attività lavorativa per la quale essi vengono assunti in conformità alle disposizioni recate dal decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626, e successive modificazioni ed integrazioni. Il contratto di somministrazione può prevedere che tale obbligo sia adempiuto dall'utilizzatore; in tale caso ne va fatta indicazione nel contratto con il lavoratore. Nel caso in cui le mansioni cui è adibito il prestatore di lavoro richiedano una sorveglianza medica speciale o comportino rischi specifici, l'utilizzatore ne informa il lavoratore conformemente a quanto previsto dal decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626, e successive modificazioni ed integrazioni. L'utilizzatore osserva altresì, nei confronti del medesimo prestatore, tutti gli obblighi di protezione previsti nei confronti dei propri dipendenti ed è responsabile per la violazione degli obblighi di sicurezza individuati dalla legge e dai contratti collettivi».
Alla luce delle considerazioni svolte, della mancanza di una programmazione della sicurezza nel cantiere e della mancata collaborazione fra le varie imprese operanti nello stesso, la Corte di Cassazione, rigettando i ricorsi presentati, ha ritenuto, in conclusione, di confermare la condanna già inflitta nei primi gradi di giudizio oltre che al coordinatore all’impresa committente, all’impresa appaltatrice e a quella subappaltatrice dalla quale l’infortunato era dipendente.
Gerardo Porreca