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23.04.2018

E’ stato sottoposto all’esame della Corte di Cassazione in questa sentenza il caso di un datore di lavoro, già condannato per violazione delle disposizioni in materia di protezione dei lavoratori contro i rischi di esposizione a rumori e vibrazioni nonché di formazione dei lavoratori stessi, il quale ricorrendo alla stessa ha chiesto di essere assolto per la mancata prova di avere commesso i reati contestatigli e perché in azienda vi era un preposto la cui presenza aveva esclusa la sua responsabilità. In tema di infortuni sul lavoro, ha avuto modo di precisare la suprema Corte nella sentenza, l’esistenza sul cantiere di un preposto, salvo che non vi sia la prova rigorosa di una delega espressamente e formalmente conferitagli con pienezza di poteri ed autonomia decisionale, non comporta il trasferimento in capo allo stesso degli obblighi e delle responsabilità incombenti sul datore di lavoro, essendo a suo carico, peraltro neppure in maniera esclusiva quando l’impresa sia di dimensioni molto modeste, soltanto il dovere di vigilare affinché i lavoratori osservino le misure e usino i dispositivi di sicurezza e gli altri mezzi di protezione, comportandosi in modo da non creare pericolo per sé e per gli altri.

 

 

Il caso, il ricorso in cassazione e le decisioni della suprema Corte

Il Tribunale ha condannato il datore di lavoro di un’azienda alla pena di € 1.200,00 di ammenda per i reati di cui agli art. 190 comma 1 del D. Lgs. n. 81/2008 sulla valutazione del rischio di esposizione dei lavoratori al rumore, 202 comma 1 sulla valutazione del rischio di esposizione dei lavoratori alle vibrazioni e 37 comma 1 sulla formazione dei lavoratori. L’imputato, tramite il proprio difensore, ha proposto ricorso in appello, trasmesso alla Corte di Cassazione ex art. 568 del codice di procedura penale, adducendo come unica motivazione una sua mancata assoluzione per assenza o insufficienza di prove di avere commesso il reato e per la presenza, in azienda, di un responsabile della sicurezza che avrebbe esclusa la sua responsabilità.

 

Il ricorso è stato ritenuto dalla Corte di Cassazione inammissibile essendo il motivo dello stesso manifestamente infondato e generico e richiedendo lo stesso una nuova valutazione di merito delle prove testimoniali, incompatibile con il giudizio di legittimità. Inoltre la suprema Corte ha fatto osservare in merito che “in tema di infortuni sul lavoro, l’esistenza sul cantiere di un preposto - salvo che non vi sia la prova rigorosa di una delega espressamente e formalmente conferitagli, con pienezza di poteri ed autonomia decisionale, e di una sua particolare competenza - non comporta il trasferimento in capo allo stesso degli obblighi e delle responsabilità incombenti sul datore di lavoro, essendo a suo carico (peraltro, neppure in maniera esclusiva quando l’impresa sia di dimensioni molto modeste) soltanto il dovere di vigilare a che i lavoratori osservino le misure e usino i dispositivi di sicurezza e gli altri mezzi di protezione, comportandosi in modo da non creare pericolo per sé e per gli altri”.

 

Alla dichiarazione di inammissibilità è conseguita pertanto a carico del ricorrente la condanna al pagamento delle spese processuali e della somma di € 3.000 in favore della Cassa delle ammende.

 

 

Gerardo Porreca

 

 

Corte di Cassazione Penale Sezione VII - Sentenza n. 14127 del 27 marzo 2018 (u.p. 9 febbraio 2018) - Pres. Di Nicola – Est. Socci – Ric. C.L.. - In tema di infortuni sul lavoro l’esistenza di un preposto, salvo che non vi sia una delega conferitagli con pienezza di poteri, non comporta il trasferimento in capo allo stesso degli obblighi e delle responsabilità incombenti sul datore di lavoro.

 



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Articolo tratto da puntosicuro.it