31.10.2024
Un documento Inail riporta dati e analisi sugli infortuni sul lavoro in orario notturno in Italia. Focus sulla quantità di lavoratori notturni, sui riferimenti normativi, sulle limitazioni e sugli effetti sulla salute.
Generalmente con lavoratore notturno si intende un lavoratore “che svolge normalmente almeno tre ore del suo turno di lavoro in periodo notturno (intervallo di tempo di almeno sette ore che comprende la fascia che va dalla mezzanotte alle 5 del mattino)”.
Ed è un lavoratore notturno “anche colui che svolge nel periodo notturno parte del suo lavoro secondo quanto stabilito dai contratti collettivi (in questo caso le ore minime giornaliere e le giornate annue sono definite dalla contrattazione)”.
Inoltre, in mancanza di una disciplina collettiva, “l’attività nel periodo notturno deve essere svolta per almeno tre ore del tempo giornaliero di lavoro e per un minimo di 80 giorni nell’arco dell’anno (riproporzionato nel caso di lavoro part-time)”.
A ricordare in questi termini cosa si intenda per lavoro notturno, un tema su cui ci siamo soffermati recentemente attraverso la presentazione di una scheda informativa Inail e di un dossier INRS, è un nuovo documento pubblicato dalla Consulenza statistico attuariale (CSA) dell’Istituto nazionale per l’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro ( Inail).
Il documento – dal titolo “Gli infortuni sul lavoro in orario notturno in Italia” e curato da Adelina Brusco, Giuseppe Bucci, Stefano Campea, Alessandra Filottrano, Francesca Marracino, Gina Romualdi (CSA, Inail) – affronta il tema del lavoro notturno in Italia, partendo dalla normativa vigente, e arrivando a parlare di lavoratori occupati e di infortuni sul lavoro.
In particolare, sono esaminate le denunce e i casi definiti positivamente avvenuti nel quinquennio 2018-2022 (i dati sono aggiornati al 31 ottobre 2023, ultimo disponibile alla stesura del testo).
Nell’articolo di presentazione ci soffermiamo sulla normativa e sugli effetti sulla salute con riferimento ai seguenti argomenti:
Il documento si sofferma innanzitutto sulla normativa di riferimento.
Si ricorda, in particolare, che il lavoro notturno è regolamentato dal Decreto legislativo 8 aprile 2003, n. 66 (Attuazione delle direttive 93/104/CE e 2000/34/CE concernenti taluni aspetti dell'organizzazione dell'orario di lavoro).
Il decreto “chiarisce le definizioni di periodo notturno e di lavoratore notturno (art.1), detta le limitazioni allo svolgimento del lavoro notturno (art.11), impone controlli (almeno ogni due anni) preventivi e periodici adeguati al rischio a cui il lavoratore è esposto (art.14), stabilisce l’assegnazione al lavoro diurno per inidoneità fisica (art.15)”.
Riguardo alle limitazioni, è stabilito “il divieto di lavoro notturno tra le ore 24 e le 6 per le donne in gravidanza e fino al raggiungimento di un anno di età del figlio e, in generale, per i lavoratori dichiarati inidonei dalle strutture sanitarie competenti. La lavoratrice madre o in alternativa il lavoratore padre convivente di un figlio di età al di sotto dei tre anni o inferiore ai 12 se il genitore è unico affidatario non sono obbligati a svolgere lavoro notturno”. E la norma “vale anche per uno dei due genitori affidatari o adottivi per i quali i 3 anni partono dal momento dell’ingresso in famiglia (valendo sempre il limite superiore dei 12 anni)”.
Inoltre “non vi è obbligo al lavoro notturno se si ha a carico un soggetto disabile (legge 104/1992 e s.m.i.)”.
Altre indicazioni:
La Nota n. 1438/2019 dell’Ispettorato Nazionale del Lavoro (INL) ha poi chiarito che “il riferimento temporale rispetto al quale calcolare la media delle ore è la ‘settimana lavorativa’ (su 6 giorni lavorativi) in mancanza di una definizione normativa o contrattuale specifica.
Inoltre per individuare le 7 ore consecutive di lavoro notturno, a cui la norma fa riferimento (contenente il periodo dalla mezzanotte alle 5), “il periodo notturno potrà iniziare alle 22 (con termine alle ore 5) oppure alle 23 (con conclusione alle ore 6) o, infine, alla mezzanotte (con conclusione alle ore 7)”.
Si ricorda poi che il d.lgs. 67/2011 ha successivamente introdotto, per i lavoratori impegnati in attività particolarmente faticose e pesanti, la “possibilità di accesso anticipato alla pensione”. E tra le tipologie di lavoratori “rientrano anche i notturni ai sensi del d.lgs. 66/2003”.
Infatti, il lavoro notturno comporta “un maggior affaticamento dell’organismo, la desincronizzazione dei ritmi circadiani e limitazioni alla sfera privata di relazione e familiare del lavoratore”. Inoltre le alterazioni del ciclo sonno/veglia “hanno conseguenze sulla salute dell’individuo se protratte nel tempo”.
Si sono poi osservati “sia effetti nel breve periodo, come insonnia o eccessiva sonnolenza e sia nel lungo periodo, come malattie cardiovascolari, problemi a livello digestivo, stress, aumento di peso, alterazioni a livello riproduttivo, ecc”.
A questo proposito, riguardo ai possibili effetti sulla salute, si segnala che l’Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro (IARC) “ha classificato i turni di notte come probabili cancerogeni per l’essere umano (classe 2A) evidenziando associazioni positive tra il lavoro notturno e i tumori del seno, della prostata, del colon e del retto”.
E un recente fact sheet dell’Inail – citato in apertura di articolo - ha evidenziato anche i “possibili effetti sulla salute riproduttiva di donne e uomini”.
Si segnala, infine, che per evitare danni alla salute del lavoratore, “il datore di lavoro ha l’obbligo di effettuare controlli preventivi e periodici almeno ogni due anni”.
Inoltre, prima di essere adibito a lavori notturni, il lavoratore “deve essere ritenuto idoneo da strutture sanitarie pubbliche o per il tramite del medico competente”.
Ricordiamo brevemente che per quantificare i lavoratori notturni il documento fa riferimento all’Indagine sulle forze lavoro di Istat e al Rapporto Italia di Eurispes.
In particolare i dati di fonte Istat sulle forze di lavoro (un’indagine campionaria rivolta a oltre 250mila famiglie residenti in Italia) forniscono per il 2022 “una stima di oltre 2,5 milioni di lavoratori con turno notturno; in pratica l’11,1% degli intervistati (il 12,1% nel caso dei soli lavoratori dipendenti), in aumento rispetto alla precedente pubblicazione che riportava l’8,5%, ma inferiore all’incidenza rilevata nelle indagini più recenti di Eurispes e quantificata nel 15% del totale dei lavoratori, interessando circa 3 milioni di occupati”.
Concludiamo riportando l’indice del documento Inail “Gli infortuni sul lavoro in orario notturno in Italia”:
1. Introduzione
2. La normativa di riferimento
3. I dati dei lavoratori notturni
4. Gli infortuni sul lavoro denunciati nel periodo 2018-2022
5. Gli infortuni sul lavoro definiti positivi nel periodo 2018-2022
6. Considerazioni conclusive
Riferimenti bibliografici e normativi
Sitografia
RTM
Scarica il documento da cui è tratto l'articolo:
Inail, Consulenza statistico attuariale, “ Gli infortuni sul lavoro in orario notturno in Italia”, a cura di Adelina Brusco, Giuseppe Bucci, Stefano Campea, Alessandra Filottrano, Francesca Marracino, Gina Romualdi (CSA, Inail), Collana Salute e Sicurezza, edizione 2024 (formato PDF, 1.56 MB).
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