18.02.2021
Oggi presentiamo la prima parte di un lungo contributo dell’avvocato Rolando Dubini che affronta vari temi soffermandosi in particolare sul ruolo del medico competente.
In particolare questa prima parte si sofferma sulla sorveglianza sanitaria, sulla valutazione degli aspetti sanitari, sui compiti del medico competente, sul virus SARS-CoV-2, sulla vaccinazione e sugli obblighi del datore di lavoro e dei lavoratori.
La seconda parte, che pubblicheremo nei prossimi giorni, presenterà alcune riflessioni dell’autore sulle conseguenze del rifiuto della vaccinazione, sull’infezione da COVID-19 nei luoghi di lavoro e sull’indennizzo del danno da vaccinazione.
La sorveglianza sanitaria e la valutazione degli aspetti sanitari di tutti i rischi durante il lavoro è di competenza esclusiva del medico competente, la definizione delle campagne di test sierologici, tamponi di ogni tipo e vaccinazioni va concordata col professionista della salute su lavoro, che ha sempre l'ultima parola in merito.
È altamente sconsigliato dar credito a pareri fuorvianti di chi improvvisa competenze che non possiede, per legge le competenze sanitarie nei luoghi di lavoro sono di esclusiva competenza del Medico Competente.
Il legislatore ha inteso, emanando il D.Lgs. n. 81/2008, rafforzare la tutela della salute dei lavoratori (ora definita all'articolo 2 lett. o) conformemente a quanto previsto dall'Organizzazione Mondiale della sanità, individuando la salute come uno “stato di completo benessere fisico, mentale e sociale, non consistente solo in un'assenza di malattia o d'infermità“) ampliando gli obblighi di sorveglianza sanitaria e rafforzando la funzione del medico competente come collaboratore qualificato per tutti i numerosi compiti che richiede una efficace tutela della salute e sicurezza delle lavoratrici e dei lavoratori durante il lavoro.
Il medico competente (art. 2 c. 1 lett. h D.Lgs.n. 81/2008) viene definito come: “medico in possesso di uno dei titoli e dei requisiti formativi e professionali di cui all’articolo 38, che collabora, secondo quanto previsto all’articolo 29, comma 1, con il datore di lavoro ai fini della valutazione dei rischi ed è nominato dallo stesso per effettuare la sorveglianza sanitaria e per tutti gli altri compiti di cui al presente decreto”.
Il legislatore, richiedendo che la figura del medico competente sia individuata sulla base di specifici titoli e requisiti e che lo stesso abbia anche una comprovata esperienza professionale, ha inteso evidentemente individuare la figura di un medico di qualificata professionalità, in grado di diventare il collaboratore fondamentale in materia sanitaria del datore di lavoro e del responsabile del servizio di prevenzione e protezione (così Cassazione penale, sez. III, 2 luglio 2008, u.p. 21 maggio 2008, n. 26539, in Guariniello R., Il Testo Unico Sicurezza sul lavoro, commentario con la giurisprudenza, Iposa, 2008, 162 e 233).
Compito del medico competente, in altri termini, non è soltanto quello di procedere alle visite obbligatorie nell'interesse del lavoratore, ma anche quello di essere il consulente del datore di lavoro in materia sanitaria, di esserne l'alter ego in questa materia, con funzioni, quindi, di consiglio e stimolo, con un importante ruolo attivo nell'identificazione dei rimedi (Cassazione penale, sez. IV, 6 febbraio 2001, n. 5037, u.p. 30 marzo 2000, in Mass. giur. Lav., 2002, 72, nota di Giovagnoli; altresì in Ragiusan 2002, 215-6, 156).
Tra i molti compiti del Medico Competente (il cui corretto adempimento va debitamente verbalizzato e registrato, cfr. art. 30 c. 2 stesso decreto D.Lgs. n. 81/2008) che ne caratterizzano la funzione decisiva in materia di salute ma anche di sicurezza, vanno citati i seguenti:
Per quanto riguarda l’attività di sorveglianza sanitaria, il D.Lgs. n. 81/2008 ribadisce, ampliandone il contenuto rispetto al D.Lgs. n. 626/94, che [(art. 25 c. 1 lett. b)] che il medico competente “programma ed effettua la sorveglianza sanitaria di cui all’articolo 41 attraverso protocolli sanitari definiti in funzione dei rischi specifici e tenendo in considerazione gli indirizzi scientifici più avanzati” [“il modello astratto di responsabile della direzione sanitaria si sintonizza con la ricerca scientifica, anche mondiale, del settore, oltre che con la ricerca della comunità scientifica della realtà produttiva italiana” (ancora: Cassazione penale, sez. IV, 6 febbraio 2001, u.p. 30 marzo 2000, n. 5037, in Guariniello R., Il Testo Unico Sicurezza sul lavoro, commentario con la giurisprudenza, Iposa, 2008, 163).] e, più avanti (art. 39 c. 1), che “l’attività di medico competente è svolta secondo i principi della medicina del lavoro e del codice etico della Commissione internazionale di salute occupazionale (ICOH)”.
In sostanza se da un lato il datore di lavoro ha l'obbligo di esigere l'osservanza da parte del medico competente dei suoi obblighi (Cass. Pen., 30 marzo 2005, in ISL, 2005, 405), dall'altro dall'attività del medico competente scaturiscono obblighi anche per gli altri soggetti come i lavoratori e, soprattutto, il datore di lavoro (cfr. Cass. Pen. 16 dicembre 2004, in DPL, 2005, p. 117, per un caso di responsabilità di un Sindaco che non aveva messo a disposizione dei lavoratori i vaccini prescritti dal medico competente).
Gli agenti biologici vengono classificati in quattro gruppi, graduati secondo la loro crescente pericolosità in relazione al rischio di infezione, alla gravità della malattia provocata e alla disponibilità o meno di efficaci misure di profilassi, di controllo della sua diffusione e di idonee terapie.
Per agente biologico si intende qualsiasi microrganismo, cellulare o meno, in grado di riprodursi o trasferire materiale genetico che nel caso di SARS-COV2 è costituito da RNA. Vengono individuati nel gruppo 4, il più pericoloso, gli agenti biologici che possono provocare malattie gravi e costituire un serio rischio non solo per i lavoratori ma anche per la comunità. Il SARS-COV2 inizialmente stava per essere inserito nel gruppo 4, ma con la modifica del Decreto Legislativo 81/2008, in applicazione della Direttiva CE 2020/739 del 3 giugno 2020, è stato classificato come appartenente al gruppo 3.
La normativa di tutela di cui al D.Lgs. n. 81 in materia di rischio da agenti biologici si applica con particolare rigore nelle attività in cui si opera deliberatamente con questi agenti pericolosi, come ad esempio nei laboratori di ricerca e di analisi, con misure di prevenzione di rigore direttamente proporzionale al gruppo di appartenenza dell’agente biologico.
Ma la legge tutela anche gli addetti ad attività lavorative che, pur non comportando la deliberata manipolazione degli agenti biologici, possono implicare il rischio di esposizioni pericolose dei lavoratori agli stessi.
Tra gli ambiti lavorativi in cui è riconosciuta una potenziale esposizione a rischio biologico figurano le attività legate ad industrie alimentari, agricoltura, attività nelle quali vi è contatto con gli animali e/o con prodotti di origine animale, servizi sanitari comprese le unità di isolamento e post mortem, laboratori clinici, veterinari e diagnostici, esclusi i laboratori di diagnosi microbiologica, impianti di smaltimento rifiuti e di raccolta di rifiuti speciali potenzialmente infetti, impianti per la depurazione delle acque di scarico, cui possiamo amo aggiungere chi lavora a sportelli e casse con elevato contatto col pubblico ecc..
Gli obblighi del Datore di Lavoro e del Medico Competente: valutazioni, misure protettive, vaccinazione
Nel caso del rischio biologico, al pari di tutti gli altri rischi presenti durante il lavoro, come prescritto dal D. Lgs. n. 81/2008, gli obblighi principali del datore di lavoro sono quelli di valutare l'esposizione a cui sono sottoposti i lavoratori, utilizzando i metodi INAIL o di altri Enti scientificamente attendibili, organizzare il servizio di prevenzione e protezione aziendale in modo tale da fronteggiare anche i rischi biologici, programmare l’adozione delle misure di prevenzione, che vanno dal semplice uso di dispositivi di protezione individuale fino alla predisposizione di misure di contenimento strutturali, sulla base di protocolli, procedure e istruzioni adeguate e vincolanti per tutti, formare e informare i lavoratori, procedere alla sorveglianza sanitaria degli esposti tramite il medico competente specialista in Medicina del Lavoro o comunque munito dei requisiti di legge, che sarà di fatto e di diritto il regista della tutela sanitaria dei lavoratori per quanto attiene il rischio da agenti biologici.
L’articolo 279 comma 2 del Decreto n. 81/2008 prevede l'obbligo del datore di lavoro, a seguito di indicazione specifica del medico competente, di adottare misure protettive particolari, come il vaccino, nei confronti dei lavoratori per i quali si richiedono misure speciali di protezione.
Tra queste misure sono altresì previsti l’allontanamento temporaneo o permanente del lavoratore da una specifica lavorazione a rischio, adibendolo ad altre mansioni, ad esempio in modalità smart working, lavoro agile, telelavoro, didattica a distanza, back office, etc..
Quando ciò non sia motivatamente possibile, l'impossibilità di continuare il rapporto di lavoro per impossibilità della prestazione lavorativa il datore di lavoro ha il diritto di recedere dal contratto di lavoro per giusta causa.
Nel caso del rischio di contagio da COVID-19, tutti i lavoratori della sanità, delle residenze per anziani dei reparti Covid-19 sono esposti ad un rischio specifico professionale, mentre quelli operanti nei servizi aperti al pubblico sono da considerarsi esposti a un rischio biologico generico aggravato di contrarre l’infezione e, seppure in un numero limitato di casi, sviluppare la malattia.
In Sanità, al di fuori dei reparti Covid-19, il rischio generico aggravato può elevarsi fino a diventare rischio biologico specifico in relazione a manovre diagnostiche, assistenziali e terapeutiche proprie delle mansioni a cui i lavoratori sono adibiti o anche per la tipologia di pazienti con cui hanno contatto (es. reparti di malattie infettive, unità Unità Speciali di Continuità Assistenziale USCA deputate all’assistenza territoriale per pazienti COVID, pronto soccorso, ambulanze e 118).
I lavoratori che non lavorano in solitario hanno, in misura più o meno intensa a seconda del settore di attività, tre punti di caduta del rischio di contagio:
Tutto ciò premesso occorre chiedersi se il Datore di lavoro, sulla scia della valutazione decisiva e imprescindibile del rischio sanitario da parte del Medico Competente (trascritta nel DVR, rischio biologico), possa imporre alla fascia di lavoratori più esposta l'obbligo di inoculazione del vaccino antiCovid-19 (ma il discorso vale anche per altri tipi di rischio biologico e di vaccino).
Il vaccino, in base alla scienza medica e a tutte le istituzioni sanitarie di vertice degli Stati, rappresenta la misura fondamentale di prevenzione dalla malattia provocata dal virus SARS CoV2, e fatte salve le controindicazioni (così come indicano nelle Linee guida dell’ISS, che viene affrontata con una verifica preliminare alla somministrazione vaccinale), la vaccinazione stessa è una pratica ragionevolmente sicura, come confermano, oltre alla sperimentazione effettuata, i primi dati relativi ad alcuni milioni di vaccini già inoculati nel mondo.
C'è chi ritiene che nella maggioranza dei comparti lavorativi il lavoratore che non si sottopone alla vaccinazione causa principalmente un aumento del suo solo rischio personale di contrarre la patologia da Covid-19, ma la valutazione di tale rischio, della sua dimensione e dei mezzi obbligatori per limitarla, non spetta al lavoratore, ovviamente, ma invece è un obbligo legale del datore di lavoro, che nel caso del rischio sanitario deve obbligatoriamente realizzarla in collaborazione obbligatoria (penalmente sanzionata) col Medico Competente dell'azienda.
In alcuni settori al rischio personale si aggiunge il rischio di contagiare i pazienti assistiti, che peraltro possono essere soggetti fragili o immunocompromessi e quindi più facilmente infettabili: si pensi in tal senso agli operatori sanitari dei vari reparti ospedalieri e ai lavoratori delle case di riposo o residenze sanitarie assistite (RSA).
Peraltro c'è il rischio di subire il contagio da parte degli operatori di svariati servizi territoriali pubblici, quali, ad esempio, i SERT, gli impiegati delle poste, i fattorini ecc
Come è noto la campagna vaccinale di massa in corso dà la priorità ai lavoratori del comparto sanitario e assistenziale, settori ove la probabilità di contrarre il COVID è più elevata: personale delle RSA, nel 118, servizi di anestesia e rianimazione, pneumologie e medicina generale, pronto soccorso, radiologia e servizi di malattie infettive ospedalieri, servizi territoriali, quali USCA (già prioritari per i test diagnostici con tamponi molecolari) e servizi dei Dipartimenti di Prevenzione che effettuano attività di monitoraggio e controllo su casi e contatti o in attività produttive.
Il datore di lavoro ha l'obbligo di garantire la salute dei propri dipendenti, e di tutte le persone presenti sul luogo di lavoro, ai sensi del D.Lgs. n. 81/2008 e dell’art. 2087 del Codice Civile (che sancisce l'obbligo datoriale della massima sicurezza tecnica, organizzativa e procedurale): per quanto riguarda i rischi sanitari, ad esempio da agenti biologici, il datore di lavoro dovrà, di concerto e con la collaborazione obbligatoria e decisiva del medico competente (coinvolgimento RSPP e rappresentante dei lavoratori per la sicurezza RLS), individuare nel vaccino, secondo quanto già previsto dagli organismi scientifici internazionali e nazionali e in conformità alla pianificazione disposta dalle autorità sanitarie nazionali, la misura necessaria e sufficiente (ai sensi dell’art. 279 del D. Lgs. n. 81/2008) idonea a proteggere nel luogo di lavoro tutte e persone presenti dal rischio di contagio derivante dalla diffusione incontrollata del virus SARS COV2, ed inserire tale misura nel DVR.
Simultaneamente a quanto previsto sull’adozione del vaccino nel DVR, il medico competente inserirà la vaccinazione anti-COVID nel proprio protocollo sanitario, in analogia a quanto avvenuto per la disposizione dei tamponi antigenici/molecolari in strutture sanitarie pubbliche e accreditate.
Quando ciò avviene, il lavoratore ha l’obbligo conseguente di sottoporsi agli accertamenti sanitari o vaccini previsti, a meno che non rientri nelle contro-indicazioni previste dall’ISS o documenti uno stato di immunità acquisita per precedente infezione da SARS-CoV-2. Tale immunità ha peraltro una durata limitata, attualmente valutata in sei mesi.
L’articolo 20 del D.Lgs. n. 81/2008 è chiaro, in relazione agli obblighi del lavoratore:
Articolo 20 - Obblighi dei lavoratori
1. Ogni lavoratore deve prendersi cura della propria salute e sicurezza e di quella delle altre persone presenti sul luogo di lavoro, su cui ricadono gli effetti delle sue azioni o omissioni, conformemente alla sua formazione, alle istruzioni e ai mezzi forniti dal datore di lavoro.
2. I lavoratori devono in particolare:
a) contribuire, insieme al datore di lavoro, ai dirigenti e ai preposti, all’adempimento degli obblighi previsti a tutela della salute e sicurezza sui luoghi di lavoro;
b) osservare le disposizioni e le istruzioni impartite dal datore di lavoro, dai dirigenti e dai preposti, ai fini della protezione collettiva ed individuale; (...)
i) sottoporsi ai controlli sanitari previsti dal presente decreto legislativo o comunque disposti dal medico competente.
Sanzioni per i lavoratori per la violazione dell’Art. 20, co. 2, lett. b), i): arresto fino a un mese o ammenda da 245,70 a 737,10 euro [Art. 59, co. 1, lett. a)]
- fine della prima parte -
Rolando Dubini, avvocato in Milano, cassazionista
La seconda parte del contributo si soffermerà sulle conseguenze del rifiuto della vaccinazione, sull’infezione da COVID-19 nei luoghi di lavoro e sull’indennizzo del danno da vaccinazione.
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