02.04.2020
Roma, 2 Apr – Nei giorni scorsi abbiamo presentato nell’articolo “ Come realizzare e attivare nelle aziende un protocollo anti-contagio” la “Guida operativa alla stipula del Protocollo aziendale anti-contagio”, a cura di Cinzia Frascheri (giuslavorista e Responsabile nazionale Cisl Salute e Sicurezza sul Lavoro). Una guida che offre informazioni operative per l’applicazione del “ Protocollo condiviso di regolamentazione delle misure per il contrasto e il contenimento della diffusione del virus Covid-19 negli ambienti di lavoro” del 14 marzo che, in relazione all’emergenza COVID-19, indica i livelli di protezione necessari per assicurare ai lavoratori adeguati livelli di protezione.
Dopo aver ricordato, nella presentazione della Guida e in relazione alla stipula del protocollo aziendale anti-contagio, i principi cardine e le problematiche relative alla valutazione dei rischi e ai dispositivi di protezione, ci soffermiamo oggi sui seguenti temi:
La guida sottolinea che uno degli interventi che si sono dimostrati di maggior efficacia per il contrasto al contagio da COVID-19, “al di là del rispetto della distanza minima di sicurezza e delle regole di igiene delle mani e del non toccarsi bocca, occhi, naso, è la pulizia degli spazi comuni”.
Riguardo a tale attività di pulizia si devono indicare nel Protocollo aziendale anti-contagio “gli interventi, la tempistica, i prodotti da utilizzare e la tipologia di imprese da incaricare per svolgere la pulizia giornaliera dei locali, degli ambienti, degli spogliatoi, delle mense, delle aree fumatori, delle postazioni di lavoro e delle aree comuni e di svago. Mentre, dovrà essere garantita la pulizia ogni fine turno, con appositi detergenti, delle tastiere, schermi touch, mouse, distributori di bevande e snack, sia negli uffici, che nei reparti produttivi”.
Considerando poi l’attuale stato di pandemia, è previsto che si debba procedere, “non solo con la pulizia giornaliera, ma anche con la sanificazione periodica degli spazi suddetti e della strumentazione informatica e distributori.
Si sottolinea che pur non essendo previsto espressamente che l’intervento di sanificazione sia posto in essere da impresa specializzata, “di contro, sarà necessario che tale scelta venga accuratamente valutata, ai fini di una maggior garanzia di efficacia (pesandone, di certo, la fattibilità, in termini sia economici che gestionali, ma non meno di concreta necessità)”.
In ogni caso sia nel caso di svolgimento dell’intervento da parte della propria impresa di pulizia che di un’impresa specializzata “occorrerà predisporre le procedure previste per le imprese in appalto” (indicate al Punto 8 della Guida).
Si segnala poi la necessità di considerare “gli eventuali effetti collaterali sugli occupati degli interventi di pulizia, ma ancor più di sanificazione, quando molto drastici e approfonditi”.
Oltre “a garantire una ventilazione degli spazi, nei quali vengono ad essere praticati tali interventi (evitando anche così l’impatto delle esalazioni dei prodotti sugli occupati), andrà considerato l’eventuale ricorso agli ammortizzatori sociali (anche in deroga)”. Nel caso poi di presenza di una persona con COVID-19 all’interno dei locali aziendali (comprensivi di tutti gli spazi comuni e di svago) “si dovrà prevedere la pulizia, la sanificazione di questi e della strumentazione informatica, come anche dei distributori, ivi presenti, garantendo anche una adeguata ventilazione continua, secondo le disposizioni specifiche della circolare n. 5443 del 22 febbraio 2020 del Ministero della Salute”.
Rimandiamo alla lettura del documento che si sofferma anche sulle precauzioni igieniche personali.
Come indicato anche nel “Protocollo condiviso” devono essere sospese o, se non praticabile, annullate - indicandolo nel Protocollo aziendale anti-contagio – “tutte le trasferte e i viaggi di lavoro nazionali e internazionali, anche se già calendarizzate e/o organizzate”.
Mentre per le riunioni di lavoro “devono essere valutate le modalità praticabili, l’urgenza e la non prorogabilità o spostamento a data successiva”.
Per le modalità – continua la guida – “partendo dal favorire lo svolgere delle riunioni mediante collegamento a distanza (praticando il lavoro agile/ smart working), in caso di concreta impraticabilità di tale soluzione, dovrà essere ridotta al minimo la durata e la partecipazione alla riunione e, comunque, non potrà in nessun caso essere derogato il rispetto della distanza minima di sicurezza, la pulizia adeguata degli spazi e della strumentazione a disposizione e la garanzia di una areazione dei locali”.
Si segnala poi che - considerata come prioritaria la modalità di lavoro, quando praticabile, del lavoro agile o smart working (“anche solo per lo svolgimento di riunioni o di formazione”) - è stata semplificata l’attivazione di questa modalità di lavoro per la durata dello stato di emergenza, “attraverso disposizioni governative (la prima con un DPCM del 1 marzo 2020), tali da permettere di lavorare da remoto e ridurre in questo modo il contatto con altre persone”.
In questo senso indicando nel Protocollo aziendale anti-contagio tale scelta, “prevedendo i ruoli/mansioni ammessi a tale modalità di lavoro, il datore di lavoro dovrà poi semplicemente provvedere a comunicare sul portale del Ministero del lavoro e delle politiche sociali il nominativo dei lavoratori in lavoro agile. Nessuna ulteriore comunicazione sarà, invece, dovuta ad INPS ed INAIL, essendo una modalità di lavoro e non un nuovo contratto specifico”.
Tuttavia nell’estrema semplificazione dell’avvio di tale modalità, “avendo eliminato l’obbligo di stipula di un accordo individuale tra azienda e lavoratore, è stato mantenuto correttamente l’obbligo a carico del datore di lavoro di assolvere all’informativa da fornire ai lavoratori, sui particolari rischi per la salute e la sicurezza”, un informativa predisposta dall’INAIL e allegata alla guida “da consegnare al lavoratore che farà lavoro agile e all’RLS, che dovranno firmarla, assieme al datore di lavoro. L’informativa elaborata dall’INAIL può essere integrata e adattata alle esigenze specifiche”.
Si segnala poi che nel rispetto di quanto previsto dal “ Protocollo condiviso” deve essere costituito in azienda un apposito Comitato.
Il ruolo di questo Comitato “è quello di determinare l’applicazione delle regole introdotte dal Protocollo condiviso, e declinate nel Protocollo aziendale anti-contagio, ma anche quello di garantire la loro realizzazione mediante lo svolgimento di verifiche, a tale fine”. E si sottolinea che il ruolo del Comitato è di rilevante valore, “in quanto gli interventi e le scelte organizzative previsti e indicati nel Protocollo condiviso e, poi concretizzati nel Protocollo aziendale anti-contagio, non avendo una rilevanza giuridica tale da poter prevedere, in caso di mancato rispetto, l’intervento degli organi di vigilanza (se non quando confermativi di misure di prevenzione disposte dalla normativa di salute e sicurezza sul lavoro – DLGS 81/08 s.m.), potranno essere comunque garantiti, nella loro realizzazione e nella loro corretta applicazione, da parte del Comitato”.
Rimandiamo alla lettura integrale del documento che si sofferma anche su altri argomenti (entrata/uscita e luoghi di transito della realtà lavorativa, controllo temperatura corporea, entrata e uscita dei fornitori, entrata e uscita delle imprese in appalto, DPI, …).
Scarica il documento da cui è tratto l'articolo:
“ Guida operativa alla stipula del Protocollo aziendale anti-contagio”, a cura di Cinzia Frascheri giuslavorista e Responsabile nazionale Cisl Salute e Sicurezza sul Lavoro (formato PDF, 862 kB).
Scarica la normativa di riferimento:
Leggi gli altri articoli di PuntoSicuro sul nuovo coronavirus Sars-CoV-2